mercoledì 27 febbraio 2013

Pino Aprile: Questa crisi non è economica, ma di sistema, è crisi di passaggio

Questa crisi non è economica, ma di sistema, è crisi di passaggio da una tecnologia e una civiltà (industriale) a un'altra (informatica). E il risultato delle elezioni ne fornisce una ulteriore conferma, considerando le forme di proselitismo, i leader e i diversi strumenti di comunicazione: la radio ci ha dato Mussolini e Hitler, ma anche Roosevelt; la televisione ci ha dato Berlusconi; la Rete, Grillo. È spaventoso vedere quanta distanza ci sia fra i leader e il popolo delle coalizioni di centrodestra e centrosinistra e quelli del M5S (che io non ho votato). I primi due paiono usciti dalle pagine color seppia di un'antologia del secolo (e del millennio) scorso; gli altri sono il nuovo che arriva, e persino in ritardo; ma il resto d'Europa è ancora più in ritardo. In questo senso, l'Italia è ancora una volta anticipatrice.
M5S è un movimento; cosa vuol dire? Che ha dentro di tutto: destra, centro, sinistra... è unito dall'obiettivo principale: tutto il potere al capo, per dare l'assalto al maniero e conquistarlo. Ma una volta dentro, non più uniti contro il comune avversario, può subentrare disaccordo e conseguente rottura sulle cose da fare: prima questa o quella, con la destra o la sinistra? I generali conquistano con Alessandro tutti gli imperi, dall'Egitto alla Persia, ma poi se li dividono. Staremo a vedere. Quando ai voti meridionali: la strumentale “territorialità” di Grande Sud, creatura sorta a opera di chi ha sempre votato con la Lega e il signor B. contro il Sud, era troppo evidente. E non ha reso. Unione Mediterranea ha preso un taxi che ha fatto poca strada, Rivoluzione Civile. E meno male che Lino Patruno non era a bordo. Il Partito del Sud sconta ancora la mancanza di un'organizzazione, di risorse e di una struttura: non ha quella dei partiti vecchia maniera, non ha quella che sfrutta tutto il potere della Rete. Diciamo che il PdS ha un'anima e una potenzialità più grandi dei suoi mezzi. Gli altri, non pervenuti. Ma questo conta relativamente, perché la questione non è se i temi meridionalistici siano di dx, di centro o di sx: ognuno li viva e li spenda secondo le sue idee e la sua coscienza, ma diffondendone e sostenendone le ragioni. Come dico sino alla noia: il treno per Matera manca a tutti, comunque la pensino.
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domenica 24 febbraio 2013

Berlusconi, le mafie e le agende rosse per difenderci


di   -- 24 febbraio 2013

Il giornalista Arnaldo Capezzuto
L’esplosione del tritolo è solo l’atto finale. Un magistrato, un servitore dello Stato muore un po’ prima: quando è delegittimato; quando è esautorato; quando è minacciato. Le parole pronunciate da un uomo di Stato come l’ex premier Silvio Berlusconi mi terrorizzano, mi inquietano, mi turbano. “Da noi la magistratura è una mafia più pericolosa della mafia siciliana, e lo dico sapendo di dire una cosa grossa”. Sono parole violente, oltraggiose, mimetiche. Leggendole con freddezza, ascoltandole nella mente, guardandole singolarmente e poi mettendole insieme: mi danno bruciore e fastidio. E’ una sensazione: non mi piace il loro rumore.

Tra poche settimane ci saranno importanti sentenze. Cito una tra tutte: quella che riguarda il senatore uscente Marcello Dell’Utri. La filigrana di quelle parole è maligna, puzzano di morte. Gli occhi mi si riempiono di lacrime.

Appartengo alla generazione del 1970, una generazione disgraziata che sembra non avere il diritto alla verità. Il mio pensiero corre e si ferma a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ne potrei aggiungere tanti altri: Rosario Livatino, Rocco Chinnici e Cesare Terranova delegittimati e poi dilaniati dall'esplosivo  C’è un vento fresco di popolo che soffia e non vuole più piangere eroi perché non erano eroi, ma solo servitori dello Stato.

venerdì 22 febbraio 2013

La fiction su Modugno, Pazzaglia neoborbonico, lo sceneggiato di Alianello e la storia del Sud

Senza troppi strombazzamenti, la fiction su Domenico Modugno con Beppe Fiorello ha fatto record di ascolti. Bene, pochi sanno che mister Volare esordì alla Rai nel 1953. Allora si chiamavano sceneggiati, divisi in più puntate e con registi d’eccezione come Anton Giulio Majano. I soggetti si ispiravano a romanzi famosi. E fu così anche per l’esordio di Modugno, in un lavoro che riprendeva il romanzo “L’alfiere” di Carlo Alianello. Uno sceneggiato, che raccontava la fine del regno delle Due Sicilie dalla parte dei vinti. Con un giovanissimo Modugno, c’era anche Monica Vitti nella parte della regina Maria Sofia. Il libro di Alianello era del 1942 e fu messo al bando dal fascismo, perché “troppo disfattista”. Oggi verrebbe bollato come testo “neoborbonico”.

La vita fa strani giri e combinazioni. Il caso volle che Modugno conoscesse Riccardo Pazzaglia, scrittore, umorista, autore di testi, film e canzoni. L’uomo del “brodo primordiale” in "Quelli della notte" con Renzo Arbore. Chissà quanti sanno che gran parte dei successi di Modugno furono scritti proprio da Pazzaglia: Lazzarella, Meraviglioso, Io mammeta e tu, per citarne qualcuno. Che filo strano: Modugno esordì in tv con un testo di Alianello, coautore anche dello sceneggiato televisivo; Pazzaglia, suo grande amico, scrisse tre libri per Mondadori di ironica critica al Risorgimento. Il più noto è probabilmente “Garibaldi ha dormito qui, storia tragicomica dell’unità d’Italia”.

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mercoledì 20 febbraio 2013

Gigi di Fiore: E anche la storia dei prigionieri di Fenestrelle finisce in burlesque


Anche la storia tragica finisce in burlesque. In tempo di crisi, si sa, ogni spazio è buono, ogni idea è benvenuta per ricavare qualche euro. E l'hanno pensata così anche gli amministratori della fortezza di Fenestrelle in Val Chisone. E' un castello, fu baluardo di confine per lo Stato piemontese, poi carcere tra i più rigidi e mortali del regno sardo prima e dell'Italia unita poi.

E' ormai nota la vicenda dei soldati meridionali dell'ex regno delle Due Sicilie catturati dall'esercito piemontese nel 1860/61 e rinchiusi tra quelle mura. Una targa ne ricorda le drammatiche esperienze: a decine vi morirono. Ma non c'è storia che tenga, la festa di San Valentino è sovrana. Per gli innamorati, ben vengano le emozioni forti condite da romanticismo e suggestione. E così, come informa La Stampa di Torino, a Fenestrelle, la sera del 14 febbraio c'è stata cena a lume di candela al Café des Forcats, spettacolo di Burlesque proposto dalla compagnia The Pleasure, musica dal vivo di Frank Polacchi. Il tutto, nel palazzo degli ufficiali, a soli 60 euro.

lunedì 18 febbraio 2013

Pino Aprile: Il Ministro Profumo responsabile, come la Gelmini, di aver cancellato autori e poeti meridionali


Il ministro Profumo era consulente dell'infausta Gelmini che nelle “indicazioni” del ministero a docenti e case editrici scolastiche, per l'insegnamento della letteratura italiana del Novecento nei nostri licei, fece sparire tutti gli autori e i poeti meridionali, incluso i premi Nobel per la letteratura, come Quasimodo e Deledda.

Divenuto ministro (e la gelminiana Ugolini sottosegretaria), Profumo non corresse la porcata gelminiana, nonostante interrogazioni parlamentari, polemiche giornalistiche, documenti approvati dalle Regioni meridionali (la Puglia tacque), consigli comunali di grandi città del Sud.

Ora, mentre Maroni propone le macroregioni, Profumo, più leghista di lui, le fa e, naturalmente: “Prima il Nord”, anzi “Solo il Nord”. E questo sarebbe un ministro di governo “tecnico” e dimissionario!!

Il peggio che possa accadere a una comunità è perdere il senso della vergogna: ti ritrovi le mignotte in Parlamento, i puttanieri a testimoniare i valori della famiglia cristiana al Family-day benedetto dal Vaticano, le sindachesse anti-'ndrangheta escluse dalle candidature dal loro partito, per far posto a un “membro dell'apparato” catapultato in Calabria dal Nord e Profumo ministro alla (d)Istruzione della decenza.

Pino Aprile

Lino Patruno: Eppure anche Cristo si è mosso da Eboli



Finalmente abbiamo capito cosa manca al Sud: il grillo parlante. E non perché un Pinocchio li abbia sterminati tutti a scarpate. Ma perché nessuno si metterebbe a fare il rompiscatole che disturba il sonno altrui. E non tanto per educazione, quanto per la convinzione che nulla possa cambiare, che non valga la pena. Ciò che fa dire a Tomasi di Lampedusa nel suo “Il Gattopardo” che, di fronte a un problema, il Sud non si chiede “come” risolverlo ma “perché” risolverlo.

 Dal “Gattopardo” è passato qualche annetto, e il Sud non è più quello. Figuriamoci che anche Cristo si è mosso da Eboli, non è più fermo alle soglie di un Sud visto dalla penna di Carlo Levi solo come regno di morte. L’assenza del grillo parlante ha però alcune conseguenze.


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Gigi Di Fiore: Lo slogan della Lega sul "Sud improduttivo", la provocazione di Pazzaglia e il marchio dispregiativo di "neoborbonico"

"Basta Sud, ci trascina nell'abisso", ha ripetuto sabato, a mo' di spot elettorale, Luca Zaia, governatore leghista del Veneto. Ammiccamenti allo zoccolo duro dell'elettorato che fu di Bossi e oggi è di Maroni. Slogan collaudati, contro chi, nelle regioni meridionali, "non produce, non paga le tasse, non ha voglia di lavorare e vive di assistenzialismo".

Inutili le repliche a quei luoghi comuni che hanno presa facile su un certo elettorato al Nord, quando non c'è con chi fisicamente prendersela (oltre le banche, la finanza, i "poteri forti") per la crisi e i sacrifici economici da sopportare. Erano quattro gatti, pochi amici al bar e al ristorante, come il famoso "Il Carroccio" a Dalmine in provincia di Bergamo. Parlavano di radici del Nord, storia, identità, prima che di politica. Sono diventati la Lega nord, unendo movimenti diversi (primo fra tutti la Liga veneta, che li aveva preceduti tutti), trasformandosi poi in partito di governo e di potere nelle regioni settentrionali.

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sabato 16 febbraio 2013

Gigi Di Fiore: Ancora Gaeta 152 anni fa, la fine delle Due Sicilie, i viaggi di Monti al Sud e le politiche sul Mezzogiorno

Tre viaggi soltanto. In un caso, per un funerale. Il bilancio delle visite di Mario Monti da premier nel Mezzogiorno porta il numero tre. Certo, meglio del primo capo di governo italiano, Camillo Benso conte di Cavour, che non ebbe il tempo di vedere Roma e Napoli. Morì prima, senza essere mai sceso in quel Sud che gli aveva dato tanti problemi.

Italia e Mezzogiorno, 152 anni di rapporti difficili: pregiudizi, stereotipi, “questioni economico-sociali” sollevate dopo l’unificazione, criminalità. E soluzioni a colpi di leggi speciali. La prima, 150 anni fa, fu la legge Pica: nove articoli per la repressione del brigantaggio, come fu definita la guerra civile (“guerra contadina”, la considerava invece il piemontese Carlo Levi), che insanguinò con migliaia di morti le regioni meridionali dal 1861.

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venerdì 15 febbraio 2013

Lino Patruno: Dal Sud 12 domande ai candidati alle elezioni

Dedicato a chi andrà a votare e vorrebbe che si facesse qualcosa per il Sud. Cioè per il grande assente nei programmi dei partiti, tranne sporadiche righe fra le <varie ed eventuali>. Allora ciascuno si appunti le seguenti domande. E cerchi di capire chi eventualmente risponde dicendo qualcosa di meridionale.
1. L’Italia non cresce da almeno vent’anni. E si è sempre pensato che potrà crescere se riprenderà a farlo la locomotiva del Nord. Senza nulla togliere ai grandi meriti del Nord, ritiene che continuare a puntare su una sola parte del Paese sia ancòra la scelta giusta?
2. Mettiamo che l’Italia sia un’azienda davanti alla crisi. Ritiene che per superarla debba continuare a puntare sui settori che già vanno meglio ma non possono andare oltre (il Nord), o non debba invece rafforzare i settori finora meno curati e quindi con le potenzialità maggiori (il Sud)?

giovedì 14 febbraio 2013

Gigi Di Fiore: Gaeta 152 anni fa, la fine delle Due Sicilie e le 2 rievocazioni di associazioni e storici

E' un luogo simbolico per la storia del Mezzogiorno. Ogni anno, a Gaeta, si riuniscono associazioni e cultori di storia, a ricordare che, in quella città (oggi nel Lazio, ma 152 anni nel regno delle Due Sicilie), la storia secolare del Sud autonomo divenne storia d'Italia.

L'assedio di Gaeta, tre mesi con oltre mille morti in divisa e centinaia di civili massacrati dalle bombe. Italiani contro italiani, due eserciti regolari contrapposti: quello piemontese del re Vittorio Emanuele II e quello delle Due Sicilie del re Francesco II cugino del primo. Oltre 55mila granate furono scaricate sulla piazzaforte, che rispose con 35250 colpi. Dodicimila irriducibili in divisa pensarono che il loro giuramento fosse a Francesco II di Borbone e che la loro vera patria fosse quella delle sei regioni peninsulari del sud più la Sicilia. Contro di loro, ad assediarli, trentamila militari dell'esercito ancora sardo-piemontese.

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