domenica 31 maggio 2015

Nord-Sud: ‘Mamma mia’, ora il divario tra le due Italie si chiama ‘divide’

di Alessandro Cannavale

In un articolo recentissimo su The Economist, dal titolo “A tale of two economies”, l’Italia viene illustrata, con brevità di parole e fredda lucidità di cifre e grafici (intitolati “Mamma mia”) come un Paese in cui convivono due distinte economie. I dati economici nazionali, agli occhi della stampa estera, solo a fatica “mascherano” le dilanianti differenze regionali. Nel periodo 2001-2013, a causa della stagnazione, il Nord e il Centro del Paese sono cresciuti “di un misero 2%”. Ciò, nonostante una politica di investimenti che ha premiato le Regioni settentrionali, come ben si legge nei grafici riportati sull'organo di stampa inglese. Mentre il Sud si è “atrofizzato del 7%”.


Ne viene fuori un quadro dicotomico, dal quale emerge un’economia più forte, o più debole, di quello che dicono i dati nazionali: dipende solo dalla prospettiva da cui li si guarda. O dalla latitudine. Si parla di quel 70% di disoccupati meridionali sui 943.000 italiani che han perso il lavoro tra il 2007 e il 2014. O dell’occupazione femminile, ferma, al Sud, al 33%; dato misero rispetto al più lusinghiero 43% dei fratelli greci. Tra i motivi del ritardo: la lentezza nell’infrastrutturazione digitale, la lentezza della giustizia civile e della burocrazia, la corruzione. Tutte presenti, in varia misura, al Nord come al Sud. Quello che viene evidenziato è un aspetto peculiare del “divide”, ossia del divario tra Nord e Sud del Paese: la sua longevità.

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Chi è Alessandro Cannavale (dal suo blog): 
Ingegnere per formazione, ricercatore per lavoro, meridionalista per passione. Sono nato a Bari nel 1977. Mi occupo di nanotecnologie per l’efficienza energetica in edilizia e mi lascio appassionare dalle storie del vecchio, amato Sud. Nel far tutto, trovo ispirazione negli esempi mirabili di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per denunciare le ingiustizie subite, ancor oggi, dalle regioni meridionali.


giovedì 21 maggio 2015

Regionali Campania 2015, è guerra nella coalizione De Luca per far posto agli eletti sicuri


Arnaldo Capezzuto


C’è un dubbio e un interrogativo che si aggiunge alla grave questione dei candidati impresentabili nelle liste civiche a sostegno di Vincenzo De Luca a presidente della Regione Campania. Se il sindaco decaduto di Salerno chiude a Marano, inaspettatamente, nel cuore della notte, un accordo elettorale con Ciriaco De Mita, sindaco di Nusco e leader dell’Udc Campania, come sono riusciti a presentare candidature, coalizioni e liste il giorno dopo, rispettando il termine perentorio delle ore 12 del 2 maggio?

Pochi sanno che i partiti, le liste, i candidati per concorrere alle elezioni devono affrontare una consistente parte burocratica costituita da una serie di atti formali e adempimenti regolati da una precisa normativa. In particolare le regole prevedono che il collegamento fra candidato governatore e liste provinciali deve essere formalizzato attraverso due atti. Il primo è la dichiarazione del candidato governatore, dove descrive i simboli delle liste a lui collegate. Il secondo è l’accettazione da parte dei presentatori delle diverse liste. Insomma ogni lista dovrebbe aver depositato presso la commissione elettorale entrambi documenti. Mi domando: se l’accordo De Luca-De Mita è stato chiuso nel cuore della notte del primo maggio come sono riusciti in poche ore dalla scadenza di deposito a sistemare le carte e più che altro ad avvisare gli alleati?

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martedì 12 maggio 2015

Voglia di identità, Partito della Nazione, Nazione napoletana e la Napoli di Ulisse

Gigi Di Fiore

Pochi giorni fa, nel presentare il tema del Salone del libro di Torino che si apre in questi giorni, scriveva il "Corriere della sera": "Le meraviglie d'Italia, ecco un altro possibile slogan. C'è un'Italia tutta da destare, da mettere in primo piano, da proporre ai nostri connazionali e al mondo".

C'è davvero in giro voglia d'Italia? E di quale tipo d'Italia? Sembra che Matteo Renzi non faccia altro che battere su questo argomento, come ha dimostrato alla presentazione dell' Expo a Milano parlando di "orgoglio italiano". L'Italia che il 24 maggio ricorda i 100 anni di inizio di quella macelleria che fu la Prima guerra mondiale. L'Italia che ha ricordato il 25 aprile i 70 anni dalla Liberazione dal nazi-fascismo. L'Italia, infine, che fa passare in sordina l'11 maggio, che è il giorno in cui 155 anni fa Giuseppe Garibaldi e i suoi 1089 in camicia rossa sbarcarono a Marsala.

Non è un caso, a Roma e in altri luoghi si cercano argomenti per unire, in una realtà frammentata e sfilacciata come quella che viviamo. E lo sbarco di Garibaldi certamente non avrebbe unito, ma diviso. Come è naturale, per uno degli episodi più controversi della storia d'Italia. La gente è stanca, nauseata della politica e lo hanno dimostrato le urne disertate qualche giorno fa a Trento e Bolzano. Non parliamo del fastidio provocato dalla campagna elettorale di questi giorni, specie nelle regioni meridionali.

E, mentre Renzi teorizza e studia un Partito della Nazione che dimentichi le differenze, massifichi e narcotizzi il dissenso, non ci si rende conto che la voglia di identità e diversità in questo Paese è tanta. E lo stesso "Corriere della sera", nell'articolo che ho ricordato all'inizio, lo affermava parlando di "collante di uno stesso modo di essere italiani, nelle tante diversità".

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