domenica 7 dicembre 2014

Cacciatori di voti s’aggirano per il Sud

di Lino Patruno

Al Sud, al Sud. Non meraviglia che ora se lo solchino in lungo e in largo sia il presidente del Consiglio, Renzi, che il segretario della Lega Nord, Salvini. Magari dicendo di considerarlo importante, tanto quanto in passato non lo consideravano affatto. Magari parlando in una maniera e pensando nell'altra. Ma anche loro paiono aver capito ciò che nella storia nazionale si è sempre ripetuto: le elezioni si vincono o si perdono a Sud. E siccome in Italia l’unica cosa certa è che si è sempre in campagna elettorale, meglio essere pronti.

Il Sud serbatoio di voti. Oltre che di manodopera a poco prezzo (emigrazione). Oltre che di consumo di prodotti altrui (del Nord). Fino a diventare tanto più governativo quanto più i governi lo hanno ignorato, salvando l’Italia da tutti gli estremismi nati altrove: dal fascismo, alla guerra civile dopo la guerra, al terrorismo. Tutto effetto di un’unità d’Italia che il Sud fece fatica a digerire, e ci mancherebbe, visto come avvenne.

Allora il trionfalismo di chi la fece si scontrò con la riluttanza di chi se la ritrovò. E fu allora che cominciò quell'assistenza al Sud che doveva ricompensarlo dei danni ricevuti. Assistenza in cambio di consenso elettorale, io do a te tu dai a me. Soldi che per un secolo sono andati a foraggiare dirigenze locali garantendo loro una sopravvivenza artificiosa. Al di là del loro eventuale malgoverno. Posti di lavoro, uffici pubblici, leggi speciali che creavano pace sociale e non sviluppo. Che andavano più dove servivano per quel consenso che dove servivano per l’economia. La posta e l’ospedale dove ci volevano aziende e capannoni. Come neve che cadeva e non attecchiva.

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martedì 2 dicembre 2014

Tutti i tagli del governo Renzi al Mezzogiorno. Il Pd leghista e la Lega nazionale

--Alessandro Postiglione

Purtroppo, al di là dei tweet, il governo sta imponendo tagli indiscriminati a tutto il Mezzogiorno, in perfetta continuità con il governo Berlusconi, allorquando si attingeva ai fondi Fas per il Sud per finanziare di tutto: dall'esenzione Ici al ripianamento dei debiti di Roma Capitale. Come avevo previsto, dunque, il governo ha decurtato il cofinanziamento nazionale ai progetti comunitari per il solo Mezzogiorno, portando i tagli da 8 a ben 12 miliardi.

Quando si tratta di investire, al principio perequativo della nostra Costituzione, per il quale chi ha di meno, cioè il Sud, dovrebbe avere di più per perseguire la convergenza fra aree del Paese, si è sostituito un nuovo principio punitivo, alimentato dalla retorica del Sud sprecone. Attraverso inchieste ed articoli che raccontano solo il Mezzogiorno peggiore, precisi interessi perseguono l'obiettivo di legittimare agli occhi dell'opinione pubblica questa inversione delle responsabilità: come si diceva ad alcune donne vittime di stupri, il Sud se l'è cercata. Il Mezzogiorno diventa arretrato non perché non si investa, ma essendo povero nonostante le risorse, tanto vale spendere altrove.

Ecco che si tacciono le performance sulla rendicontazione dei fondi europei di Puglia e Basilicata, superiori a quelle di Trentino o Lazio, e si sottolineano i ritardi nella spesa di Calabria e Campania, dimenticandosi che, nel loro caso, cofinanziamento e fondo di coesione superano del 60% la spesa massima consentita dal Patto di Stabilità interno. Al Sud, dunque, non investire; anzi, meglio prelevare. Così, anche il bonus occupazione proposto dal Governo viene finanziato con 4 miliardi destinati al Mezzogiorno; così, anche gli incentivi alle imprese meridionali vengono decurtati del 52% contro una sforbiciata del 5,2% al Nord; mentre degli ultimi 3,8 miliardi di euro assegnati dal Cipe alle filiere produttive, ben 3,3 vanno al solo Centro Nord, come denunciato da Marco Esposito sul Mattino di Napoli.

Per continuare a leggere l'articolo di Alessio Postiglione sul suo blog pubblicato su Huffington Post, fai click su questo link

lunedì 1 dicembre 2014

Basilicata: Sblocca Italia o Sblocca trivelle? Perché il Pd non ricorre alla Corte Costituzionale?

--Arnaldo Capezzuto

E’ partito il conto alla rovescia. Giovedì 4 dicembre sbarcheranno a Potenza una marea di lucani. Stazioneranno davanti al palazzo della Regione Basilicata. Faranno sentire il fiato sul collo a quei tanti politiconzoli che pavidamente siedono da notabili su poltrone telecontrollate da Roma.

I lucani sono incazzati e paonazzi dalla rabbia. Il futuro è nero. Lo stesso colore del petrolio assassino che una potentissima lobby a tante teste è pronta ad estrarre senza guardare in faccia a nessuno. Una devastazione e una distruzione del territorio – questa volta – stabilita per legge. All'ordine del giorno del Consiglio Regionale -infatti – approda il famigerato “Sblocca Italia – la legge 164/2014 – che liberalizza le trivelle e le estrazioni di greggio sull'intero territorio regionale e nel Mar Jonio. C’è da farsi la croce a mano storta. Molti sindaci tra questi Vito Di Trani di Pisticci – in queste settimane- raccogliendo il grido di protesta dei cittadini – in modo autonomo – attraverso atti concreti hanno chiesto al presidente della Regione Basilicata, il piddino Marcello Pittella, di impugnare presso la Corte Costituzionale il famigerato articolo 38 della legge “Sblocca Italia” che nei fatti espropria Comuni e Regioni della sovranità di decidere ed effettuare scelte sul proprio territorio.

C’è da dire che non tutti i politici agiscono nell'interesse di chi vive in Basilicata. Ci sono controfigure, mezz’uomini, omicchi impegnati solo a nascondersi dietro a spesse cortine fumogene e farsi belli agli occhi dei vari capibastione, capi corrente, portaborse e leccaculo dei big nazionali. Li vedi arrampicati sugli specchi, con i piedi in due scarpe, abbarbicati a più tavoli, scappare da una riunione a un’altra, organizzare assemblee dentro assemblee, confezionare delegazioni e preparare “i famosi” incontri al vertice. Il tutto per decidere di non decidere.  Il caso della Provincia di Potenza è da manuale. Seguito dal Comune di Matera e da altre piccole comunità che hanno trasmesso al presidente della giunta regionale una generica indicazione di rivedere “le intese” sul petrolio. E’ una parola. Il Governatore Marcello Pittella sull'argomento è stato chiaro e non accetta tentennamenti: “Chi dice che stiamo aprendo a migliaia di trivelle dice un’idiozia” .

Per continuare a leggere l'articolo di Arnaldo Capezzuto sul blog de "Il Fatto Quotidiano", fai clic su questo link