venerdì 21 febbraio 2014

Gigi Di Fiore: I ritardi economici del Sud e quelle intuizioni di Nitti 110 anni fa


Si riaccende, come spesso accade a fasi alterne, il dibattito sui ritardi del Sud rispetto al resto d'Italia. L'occasione sono sempre questo o quel libro, questa o quella polemica sui giornali. Come si presentava il Mezzogiorno d'Italia alla vigilia dell'unità, quando si è accentuato il divario economico con le regioni del Nord? Questi i temi.

E' ormai dimostrato che, all'avvicinarsi di quel 1861, il pil meridionale era assai simile a quello del centro-nord. E che il Mezzogiorno divenne questione per le scelte di politica economica nei primi 25 anni dell'unità. E i numeri parlano poi di un divario in crescita nel Ventennio fascista, quasi eliminato negli anni del boom economico, per poi riacutizzarsi dopo la crisi energetica del 1973.

Non starò qui a ripercorrere le varie fasi di queste differenze, le ragioni storiche, le scelte economico-politiche dei diversi governi. Mi piace, invece, ricordare un anniversario: i 110 anni da quella che fu chiamata legge speciale per Napoli. Formule, poi riproposte negli anni successivi, individuate da Francesco Saverio Nitti, Un lucano, grande uomo del Sud, che scrisse come ai meridionali, nei primi anni dopo l'unità, non era rimasto altro che diventare briganti o emigranti.

lunedì 10 febbraio 2014

Considerazioni sui soliti saggi e sui soliti giornali “neopadani”


di Gennaro de Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico




Ancora un intervento sul Sud ma contro il Sud: nel giro di un paio di anni l’ennesimo intervento che cerca di dimostrare l’arretratezza del Sud preunitario e le colpe delle sue classi dirigenti tra passato e presente. Ancora una volta il saggio (v. recensione del Corriere del 5/2/14) ci viene presentato come nuovo e risolutivo mentre, di fatto, sostiene la stessa identica tesi che da oltre un secolo e mezzo ci viene raccontata dalla cultura ufficiale. Una tesi che, di fatto, coincide in maniera inquietante (volenti o nolenti gli autori) con le tesi dei leghisti della prima e dell’ultima ora. E così tutta l’Italia -sempre più meridionalizzata- rischierebbe di diventare Mezzogiorno e con la prospettiva addirittura di pareggiare il divario tra Nord e Sud ma verso il basso e allontanando anche il Nord dall'Europa.

Le colpe? Dei Borbone, ovviamente, e della loro “politica estrattiva”! Nel senso che (è opportuno cercare di spiegarla), quei cattivoni dei Borbone, con i loro tratti “reazionari e regressivi”, trasmisero il virus della “estrattività” pari pari al fascismo e poi allo stato italiano monarchico-repubblicano, favorendo strati poco ampi della società nello sviluppo civile ed economico e con vantaggi per pochi privilegiati.  Tutta colpa, ovviamente, in tempi più recenti, di quella storiografia “revisionistica, rivendicativa e risarcitoria” (dai neoborbonici a Pino Aprile, per capirci) la cui colpa principale sta nell'aver raccontato e divulgato una storia diversa da quella ufficiale (ripetuta stancamente da oltre 150 anni) e nella speranza di ottenere, dopo 150 anni, una vera “par condicio” tra Nord e Sud. Eppure le ricerche di Emanuele Felice (suo il saggio di cui parliamo e che cercherebbe di spiegare “perché il Sud è rimasto indietro”), “accurate ed appassionanti” secondo l’articolista Michele Salvati, trascurano o non approfondiscono affatto in oltre 200 pagine, altre ricerche di segno del tutto contrario a quello seguito pregiudizialmente dall'autore.

Per continuare a leggere l'eccellente l'articolo di Gennaro de Crescenzo, fai clic qui per andare al sito del Movimento Neoborbonico.