sabato 26 ottobre 2013

Gigi Di Fiore: Neoborbonici, tutto cominciò 20 anni fa

In principio furono i neoborbonici. Era vent'anni fa, nel 1993. Molto prima di loro, Carlo Alianello con i suoi libri, Angelo Manna con le sue appassionate trasmissioni televisive, Aldo De Jaco con i suoi saggi-documento: cercavano di raccontare la storia del Sud diventato italiano, senza agiografie, senza amnesie, senza vuoti. Senza differenze di ideologie politiche. Isolati, volevano solo aprire squarci per una verità a tutto tondo sul nostro Risorgimento. Non contro l'italia unita, ma anche per l'Italia unita.

Studi di pochi su documenti non sempre consultati, storie bollate come esagerazioni o invenzioni. Prima fra tutte quella del brigantaggio post-unitario. Poi, attraverso la sua rubrica domenicale sul Mattino, Riccardo Pazzaglia, scrittore, commediografo, autore di canzoni famose e uomo di tv, lanciò la sua provocazione. La rubrica era "Specchio ustorio". Pazzaglia invitò "chi voleva parlare male di Garibaldi e delle sue imprese" a presentarsi al Borgo Marinaro a Napoli. Appuntamento il 7 settembre 1993. Una data simbolica: il 7 settembre 1860, Garibaldi era entrato a Napoli.

Riscoperta di radici, identità, cultura del Sud bollato sempre come "retrogrado, sottosviluppato, palla al piede dell'Italia". Pazzaglia credeva di ritrovarsi quattro gatti, si presentarono in 400. Un buongiorno di buon auspicio. In quell'occasione, Pazzaglia scrisse il testo dell'inno delle Due Sicilie, che era stato musicato da Paisiello. Poi, coniò il nome dell'associazione che inseriva nel suo statuto la riscoperta e rilettura della storia, senza amnesie: nacquero i neoborbonici.  
Per continuare a leggere l'articolo, vai al blog di Gigi Di Fiore su "Il Mattino"

sabato 12 ottobre 2013

Quando i migranti morti in mare eravamo noi, il tremendo naufragio del piroscafo "Sirio"

Gigi Di Fiore



Corpi in fila sul molo del porto di Cartagena. Senza neanche sacche di plastica a coprirne la vergogna e la dignità calpestata. Volti mediterranei, volti italiani. Uno, due, tre, la conta fu lunga. Arrivò a 293 cadaveri. Immagini del passato, immagini del presente. Centinaia di migranti africani morti negli ultimi otto giorni, in due naufragi sui barconi della speranza. Centinaia di emigranti italiani, annegati sul piroscafo "Sirio" che li portava in Brasile 107 anni fa. Ieri e oggi, storie e memorie.

Era la nave della speranza, per chi abbandonava case, famiglie e radici a cercare fortuna. In Sudamerica, come negli Stati Uniti. Il "Sirio" partì da Genova, lo guidava il capitano Giuseppe Piccone che aveva affrontato decine e decine di traversate simili in 27 anni di comando su quella nave.

"Santa Lucia luntana", cantavano centinaia di uomini, donne e ragazzi stipati nelle stive della terza classe. Meridionali, ma con loro c'erano tanti veneti, che fischiettavano "Ma se ghe pensu". Erano 1200, che avevano raccolto i loro risparmi per disegnarsi un senso di futuro. Tra prima e seconda classe, nei piani alti con sala da pranzo, c'erano appena 120 passeggeri. Il resto erano migranti, con i loro stracci raccolti e le loro memorie portate lontano.

Era il 4 agosto del 1906, quando venne dato l'allarme.  Per continuare a leggere l'articolo, vai al blog di Gigi Di Fiore su "Il Mattino"