domenica 8 febbraio 2015

Garibaldi, Velletri 1849 e il falso mito sbugiardato da don Benedetto

Gigi Di Fiore

Un mito, si sa, nasce su un fondamento di verità con l'aggiunta di tante esagerazioni. Un mito ha bisogno di alimenti di fantasia, iperboli, a volte anche vere e proprie invenzioni.

Se quel mito, poi, deve giustificare e dare forza ideale ad una identità costruita, allora non c'è verso di smentire le bugie. C'è, in Italia, mito più popolare in tutto il mondo di Giuseppe Garibaldi? L'eroe dei due mondi, il conquistatore con un pugno di volontari di un regno difeso da centomila soldati, l'intrepido generale.

Tra i tanti "padri del Risorgimento" probabilmente Garibaldi è quello che più si è esposto, che almeno ha rischiato di proprio, coerente con le proprie idee politiche. E lo dimostrò quando fu uno dei pochi ad andare in soccorso della Francia soccombente nella guerra contro la Prussia, o quando decise di difendere in Parlamento i suoi volontari contro Cavour e la sua maggioranza. Lo confesso, è quello che più mi fa simpatia.

Ma ci sono invenzioni che sono servite ad ingigantire la mitologia dell'eroe invincibile. Insopportabili. Come quella della vittoria del 19 maggio 1849 a Velletri contro i soldati di Ferdinando II di Borbone. Gli antefatti sono noti: il re delle Due Sicilie decise di andare in aiuto a papa Pio IX, unendosi ai francesi contro i volontari delle Repubblica romana, Ci fu un piccolo scontro, poi i francesi chiesero ai napoletani di tornare indietro. Avrebbero fatto da soli.

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