domenica 27 settembre 2015

Lino Patruno: Masterplan per il Sud un film già visto

Lino Patruno

Tutti a suonare la grancassa sulla previsione dell’aumento del Pil quest’anno. Il reddito nazionale crescerà dello 0,7 per cento, si dice. Qualche kamikaze arriva fino allo 0,9. Bel risultato comunque, dopo che il Paese è arretrato per sette anni. Significa che hanno ripreso a macinare le fabbriche, a fiorire le campagne, a funzionare i servizi, a crearsi lavoro. Frutto anzitutto dell’esportazione. Ma anche della ripresa dei consumi interni, la gente ricomincia a spendere. Come avvenuto soprattutto questa estate, e non solo per il turismo. Significa che se prima c’era qualche soldino ma non la fiducia, ora c’è quel soldino ma anche la fiducia.

 Però i piedi per terra non fanno mai male, specie di fronte alle trombe della politica. Come sempre siamo gli ultimi fra i primi, la nostra ripresa è la meno ripresa d’Europa. Le cui previsioni vanno al di là sia dello 0,7 che dello 0,9. Una cautela che potrebbe costare l’etichetta di gufi. Ignorando che c’è un segreto di Pulcinella per capire come potremmo evitare di essere vagone di coda.

 Il segreto è che la locomotiva italiana avesse ovunque la stessa velocità. Perché quello 0,7 o quello 0,9 sono una media, c’è chi va più forte e chi più piano. Sogniamo ad occhi aperti. E vediamo che succederebbe senza le due velocità. Supereremmo di gran lunga il 2 per cento. Senza essere più snobbati da una Germania o da una Gran Bretagna. Saremmo finalmente ciò che possiamo essere e non siamo perché abbiamo scelto così. Restiamo così pur di non fare giustizia.

 Fare giustizia significa consentire al Sud di crescere quanto il resto del Paese. Basta col ritornello che la ripresa c’è ma non al Sud. Dando al Sud i mezzi che non ha oltre che attendersi che si rimbocchi le maniche eccetera eccetera. E ricordando che nella storia recente mai il Centro Nord è cresciuto oltre il minimo sindacale se non cresceva anche il Sud. E che il declino del Centro Nord e dell’Italia è coinciso sempre con l’arresto del Sud. E che non sono necessari i fior di premi Nobel che ne hanno parlato per capire che nessuna economia al mondo (come nessuna famiglia) si rafforza se non punta sulle sue sacche più deboli.

 L’Italia è stata la Germania quando la Cassa per il Mezzogiorno ha fatto crescere il Sud più del solito Nord. E quanto alla Germania, anche lì si diceva che l’Est ex comunista non aveva la mentalità per crescere. Finché sono intervenuti massicciamente (venti volte più della Cassa) e anche lì si è capito che la mentalità era solo un pregiudizio razzistico che fa danno per primo ai razzisti.

 La cecità di Lega & Compagnia è una cecità che non esclude altri, a cominciare dal Pd. Quella secondo la quale se il Sud non cresce, è un problema solo dei meridionali. E che del Sud si possa fare a meno. Un egoismo convinto che tenersi i propri soldi, pensare alla propria gente, curare il proprio territorio preservi dalle crisi. La recessione appena alle spalle è stata la secchiata d’acqua si spera benefica.

 Ma mica tanto, a quanto pare. Si parla in questi giorni di Masterplan per il Sud. Se ne parla più di quanto lo si veda. Masterplan (cioè il piano dei piani) dopo l’allarme della Svimez sul rischio di sottosviluppo permanente del Sud. E di desertificazione fra giovani che vanno via, vecchi che muoiono, figli che non nascono, aziende che chiudono. Toni contestati da chi giustamente ricorda che nonostante tutto il Sud è anche altro. Senza poter negare però i tanti inossidabili segni meno, a cominciare dalla disoccupazione. Ecco allora la gamba tesa dello spiccio Renzi.

 Ma man mano che i giorni passano, la sensazione del film già visto per il Sud è sempre più forte. Diciamolo chiaro e tondo. Sgravi fiscali, incentivi, facilitazioni alle aziende sembrano i cavalli di battaglia di questa ripresa di interesse per il Grande Ignorato nazionale. Per convincere le aziende a investire a Sud. E assumere. Ma essendo avvenuto, quando è andato in scena lo stesso film, che finiti gli incentivi sia finita la festa. Né un film diverso è l’annunciata accelerata alle opere sùbito cantierabili e ai progetti già pronti, cioè roba non nuova che dovrebbe essere già conclusa. Ricordando le analoghe illusioni di tutte le Leggi Obiettivo e di tutti gli Sblocca Italia della nostra cronaca di ieri.

 Non bisogna dire sempre no, è già qualcosa. Ma occorre mettersi in testa che non ci sarà mai la svolta per il Sud finché lo Stato non farà al Sud quanto altrove: a cominciare dalla spesa pubblica. Strade e treni, banda larga per i computer e scuole, università e ospedali. Stesse infrastrutture e stessi servizi pubblici. Stessa presenza dello Stato di diritto contro illegalità e mafie. Tutto ciò che ora non c’è, altrimenti il Masterplan è già fallito. Cercasi vista lunga per una unità mai fatta. Solo allora il Sud non avrà più alibi. Ma neanche il Paese che lo tratta da malattia mentre è la terapia per tutti.

Originale pubblicato sulla "Gazzetta del Mezzogiorno" il 18 settembre 2015

sabato 5 settembre 2015

Lino Patruno: La freccia boomerang

Pagherete la beffa della Freccia Rossa    

Lino Patruno

Se non è comica, è tragica. La cosiddetta alta capacità ferroviaria fra Bari e Napoli. Ora tutti contenti (allegria) perché dopo due anni di stop pare che questo settembre possano riprendere i lavori nel tratto pugliese Cervaro-Bovino. Sono i primi 23 chilometri del percorso tra Foggia e Caserta (163 chilometri) che dovrebbero essere serviti da quell'autentico prodigio del doppio binario. Tutta qui la decantata grande opera, mica i treni superveloci che hanno al Nord ma non al Sud perché il Sud è di serie B.

Se non ci saranno altre fermate, l’obiettivo è davvero epocale: missione completata nel 2028, anzi 2030 visti i due anni persi. Nel 2030 probabilmente l’uomo sbarcherà su Marte. Ma anche il Sud potrà festeggiare non andando più fra le sue due capitali alla velocità media di 53 chilometri orari come ora. I sogni prima o poi si realizzano: fu Garibaldi nel 1860 a dire che questo era un progetto prioritario, collegare il Tirreno con l’Adriatico. Detto e fatto: 170 anni.

Nel frattempo, Napoli e Bari sono state debitamente tenute lontane fra loro, avessero pensato di allearsi per farsi rispettare. Debitamente lontane anche Calabria e Sicilia: autostrada Salerno-Reggio Calabria sempre in costruzione da 53 anni e sono sistemate. Dal lato jonico, una dissuasiva statale arlecchino: quattro corsie, due, attraversamento di paesi con Autovelox in agguato, passo d’uomo se becchi un camion davanti. E sui paralleli binari sempre a rischio mareggiate, romantiche littorine coi sedili in legno e l’odore di formaggio buono.

Però basta coi piagnistei: ora arriva il Frecciarossa, addio Frecciabianca. Da Bari a Milano, niente Lecce perché non c’è mercato, come se si potessero avere passeggeri se prima non ci metti il treno. Frecciarossa è quello che va a 350 l’ora. Ma per non viziare il Sud, solo da Bologna a Milano. Però è già qualcosa, via, si risparmia più di un’ora. Partenza da Bari alle 16,20, arrivo a Milano alle 22,50. Ripartenza da Milano il giorno dopo alle 7,50, arrivo a Bari alle 14,20. Ma come, se a Milano ho bisogno di starci solo una mattinata, devo fare due pernottamenti? Ecco il solito piagnonismo meridionale, non si accontentano mai. Per chi viene da Milano, il pernottamento è uno. Ma non l’avranno mica fatta apposta.

Il Sud piuttosto si dia da fare con le opere che potrebbero andare avanti ma per le quali non è capace di spendere (ne ha parlato nei giorni scorsi Andrea Del Monaco su queste pagine). Quelle con i fondi europei, mentre nel resto d’Italia si fanno con i fondi nazionali: se così fosse anche al Sud, i fondi europei potrebbero davvero essere aggiuntivi e servire a tutto il resto che c’è da fare. Ma sarebbe la solita pretesa del Sud di non essere di serie B.

Per restare alla Puglia, il presidente della Regione dovrebbe chiamarsi un po’ di gente e farsi fare un resoconto. Chiedere ad esempio a Ferrotranviaria, Ferrovie del Sudest, Interporto, Ferrovie Appulo Lucane perché hanno bloccati o in ritardo lavori fondamentali per pendolari, studenti, imprenditori, turisti che potrebbero andare di qua e di là creando movimento economico e sviluppo. E non è che non ci siano i soldi, forse essendoci invece incapacità da punire mandando qualcuno a casa. Cosa rispondere in questi casi al governo che accusa il Sud di spendere male o di non saper spendere?

Poi vai a scavare, e ti accorgi che quanto a inettitudine il governo brilla di suo. L’Anas con le strade sempre a rate (vedi la mitica spezzettata Bari-Altamura). Rete Ferroviaria con lo spasimato raddoppio del binario Termoli-Lesina. La stessa Rete Ferroviaria con l’Autorità portuale per il porto di Taranto. Dove i lavori promessi e mai eseguiti hanno fatto scappare i container di Evergreen e ora rischiano di lasciare disoccupati oltre 500 lavoratori. Alla faccia del Sud decantato come piattaforma logistica naturale nel Mediterraneo. E con un’ulteriore beffa, legata al raddoppio del canale di Suez (completato in un anno, ma quello è Egitto non Italia). Visto che ora vi passerà metà del commercio mondiale, lo stesso impunito governo segnala i porti del Nord all'Europa che vuole sapere quali finanziare per acchiappare quelle merci. Perché i porti del Sud non sono pronti (e sfido), a cominciare da Taranto. Anche qui missione compiuta tra serie A e serie B.

Allarme da codice rosso. In attesa del piano di Renzi per il Sud, qualche malpensante sospetta che possa consistere nel realizzare le opere delle quali si è testé parlato, magari muggendo che bisogna accelerare. Cioè fare ciò che da tempo lo Stato avrebbe dovuto fare e distribuendo patenti di piagnisteo qua e là. Non sarebbe la prima volta. E non sarebbe la prima volta fra le trombe della Fiera del Levante. Cosa sia avvenuto dopo, lo sappiamo tutti. Di serie B eri, di serie B devi rimanere. Ma anche l’illuso resto d’Italia, che senza il Sud è sempre in zona retrocessione europea.

Fonte: il blog di Lino Patruno sulla Gazzetta del Mezzogiorno, 4 settembre 2015