sabato 8 novembre 2014

Chinchino Compagna, la Rai e Alianello quando non c'erano i neoborbonici

Gigi Di Fiore

Non fu agevole la trasmissione in Rai dello sceneggiato "L'eredità della priora". Sette puntate, addirittura sul primo canale, di un lavoro con la regia del noto Anton Giulio Majano. Un'autorità televisiva di allora. Musiche, diventate di cult, di Eugenio Bennato e Carlo D'Angiò, ispirazione al romanzo scritto da Carlo Alianello in prima edizione nel 1963.

Il tema, certo, non era di facile digestione nell'Italia di allora: il brigantaggio, una vicenda familiare inserita nei giorni della marcia di Carmine Crocco verso Potenza. Alianello, padre militare italiano e nonno militare borbonico, aveva iniziato 40 anni prima una rilettura senza pregiudizi sulla caduta del regno delle Due Sicilie. Lo avevano ispirato i racconti di famiglia ed era poi andato avanti con ricerche e documenti.

Alianello, scrittore lucano di Tito, cattolico, autore di decine di libri e consulente storico persino di Luchino Visconti, emarginato dal mondo letterario per tante sue idee. Il suo romanzo "L'Alfiere", pubblicato nel 1942, fu messo al bando dal fascismo, che lo ritenne troppo disfattista in mesi di guerra: raccontava le vicende di vinti, i militari borbonici che non avevano voluto arrendersi o passare con Garibaldi. Discorsi non facili da far passare, anche 34 anni fa.

Gigi Di Fiore
I neoborbonici non erano ancora nati, Riccardo Pazzaglia pensò a quella provocazione tredici anni dopo. Ma lo sceneggiato di Rai uno suscitò subito reazioni indignate. Fu la cultura liberale, di ispirazione crociana, a infastidirsi di più. E ne fu espressione Francesco (Chinchino) Compagna, allievo di Croce, già giornalista di Nord e Sud e del Mondo di Pannunzio, repubblicano e ministro della Repubblica.

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