sabato 10 maggio 2014

Rabbia e orgoglio napoletano: giù le mani dalla nostra gente


Prof. Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento Neoborbonico

Giù le mani dalla nostra gente. Giù le mani da quel ragazzo napoletano che lotta in quel letto di ospedale perché qualcuno con una bandiera che non era azzurra aveva deciso di strappargli la vita a 30 anni e proviamo solo a immaginare se succedeva il contrario.

Giù le mani da quei 30.000 che riempivano quello stadio a Roma e da quelli che riempiono ogni domenica anche gli altri stadi sotto la pioggia o sotto il sole carichi di amore e di speranza di un riscatto che è sempre un riscatto pure se passa per un pallone.

Giù le mani da quelli delle curve perché in curva i biglietti costano meno, perché in curva (lo so bene) si sta tutti insieme se sei professore e se sei disoccupato, se sei bambino, vecchio, medico o camorrista ed è forse l’unico irripetibile posto dove ci batte forte il cuore a tutti nello stesso momento e per lo stesso motivo senza chiederci chi è e che fa quello che sta vicino a noi.

Giù le mani anche, in fondo, da quei tifosi aggrappati a quei cancelli sabato sera e che qualcuno ha chiamato per rassicurare tutti gli altri, perché loro davvero erano preoccupati e tristi per Ciro e per Ciro non hanno cantato e non hanno esposto gli striscioni e le bandiere e da Ciro sono andati senza neanche vedersi la partita.

Giù le mani perché è anche questa la gente mia, coi soprannomi che pure se sono brutti sono quelli dei nostri padri che pure se non sono stati perfetti sono sempre i nostri padri.

Giù le mani da quella gente di Scampia o di Forcella o della Sanità che da 150 anni se li sono scordati e se li ricordano solo se devono sbatterli davanti ad una telecamera o su un giornale o se devono scrivere i loro nomi come fanno i giudici per mandarli in galera o lontani dal “campo” e quei giudici somigliano assai a quelli che ieri segnavano i nomi dei nonni dei loro nonni e li chiamavano briganti e pure li mandavano via lontano o se ne liberavano per sempre con lo stesso disprezzo.




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