domenica 22 marzo 2015

Il Papa a Napoli contro la retorica, i luoghi comuni e una certa Chiesa

Arnaldo Capezzuto

Papa Francesco a Napoli ha guardato in faccia la città parlando con fermezza dei suoi mali. Non sono stati discorsi di circostanza o moraleggianti ma parole ferme, prese di posizione convinte portate avanti con la stessa tenacia già vista in Calabria.

“Cari napoletani, non lasciatevi rubare la speranza. Non cedete alle lusinghe di facili guadagni o di redditi disonesti: questo è pane per oggi e fame per domani. Reagite con fermezza alle organizzazioni che sfruttano e corrompono i giovani, che sfruttano e corrompono i poveri e i deboli con il cinico commercio della droga e altri crimini”. E’ uno schiaffo di realtà dato “caritatevolmente” sui volti di chi ricopre ruoli di responsabilità e con le proprie decisioni – può e non lo fa – incidere sui destini di una collettività.

Ma il Santo Padre nelle sue numerose tappe si è rivolto direttamente ai napoletani, un popolo un po’ argentino e come lui figlio della fine del mondo. Questa è la vera magia che Bergoglio ha creato nel corso della storica visita nella metropoli all'ombra del Vesuvio: un grande abbraccio vero, sentito, vissuto. E come spesso accade: Napoli ha conquistato con empatia e schiettezza, il Sommo Pontefice.

Parole, silenzi e gesti che hanno scosso una città addormentata e assuefatta a un torpore indotto che come canta Pino Daniele “invece e c’aiutà c’abboffano e’ cafè”. Si, perché il percorso di speranza tracciato da Papa Francesco a Napoli e in generale nel Mezzogiorno d’Italia dev’essere organizzato, costruito, incanalato.

Invece, è stridente come un pezzo d’Italia sia stato abbandonato, emarginato, messo alla porta, tagliato fuori dal resto del Paese. Il Sud non entra e non è mai entrato davvero nell’agenda di vari governi che si sono succeduti, compreso l’ultimo. Solo promesse, elemosine, progetti-scatole vuote, finto efficientismo e giochetti di potere sulla pelle dei gonzi, i cafoni, i terroni, i sempre “chiagn’ fott”.

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