lunedì 19 gennaio 2015

Il Sud dimenticato dalla politica

Gianfranco Viesti

Proprio nel momento in cui il Mezzogiorno, colpito dalla crisi assai duramente e in misura maggiore rispetto al resto del paese, avrebbe bisogno di una riflessione culturale e di un’azione politica di straordinaria incisività sembra mancare da parte del governo una strategia all'altezza delle difficoltà del presente. Alcune recenti scelte di politica economica segnano peraltro un arretramento rispetto a quanto fatto dai due esecutivi precedenti. È necessario ripartire dai principi di progresso sociale e di uguaglianza tra i cittadini che dovrebbero ispirare un partito di centrosinistra.

Nel periodo in cui si registra il peggiore andamento per l’economia del Mezzogiorno dall'Unità a oggi, con un arretramento di oltre 13 punti di PIL nel 2013 rispetto al 2007,[1] per un curioso paradosso la riflessione culturale e politica sulle sue possibilità di ripresa e sulle concrete politiche per realizzarle è anch'essa ai minimi storici. È l’effetto di una deriva che viene da molto lontano:[2] quella di “abolire il Mezzogiorno” e ridurre le politiche di sviluppo territoriale in Italia. Una deriva rispetto alla quale sono stati modesti l’interesse e la capacità di risposta della politica e in particolare di quelle forze che si ispirano a principi di progresso sociale e di maggiore uguaglianza fra i cittadini. Deriva oggi aggravata dagli effetti delle politiche di austerità, nazionali ed europee, dalla vera e propria “trappola” in cui è serrata l’economia europea.[3]

Tutto questo, naturalmente, non è responsabilità del governo Renzi. A esso, però, è possibile imputare non solo una assenza di riflessione strategica all'altezza delle difficoltà che il Mezzogiorno sta sperimentando, ma anche un’azione concreta di politica economica che fa nascere dubbi e che per alcuni aspetti sta cancellando i passi avanti che si erano registrati con gli esecutivi Monti e Letta.

Questo può essere esemplificato in negativo da una sola, emblematica vicenda. Con l’articolo 12 della legge di stabilità per il 2015 il governo ha disposto la cancellazione di investimenti nel Mezzogiorno per 3,5 miliardi di euro, tagliando le risorse del Piano di azione coesione.[4] Ciò che colpisce in questa scelta è la mancanza di motivazione specifica: non si trattava di risorse “in scadenza”, né di risorse destinate a Regioni “inefficienti” (dato che per metà l’attuazione del Piano è responsabilità di amministrazioni centrali); tantomeno si trattava di risorse frammentate, dato che esse miravano a grandi, condivise priorità. Non a caso non viene disposto, con la norma di legge, quali interventi saranno tagliati: il governo, semplicemente, usa le risorse per gli investimenti nel Mezzogiorno come un bancomat, esattamente come fatto più volte dal governo Berlusconi nel 2008-11. [5] Non ha giustificato questa decisione e, cosa assai rivelatrice, quasi nessuno gli ha chiesto di farlo, quasi nessuno ha protestato. [6] Il che spiega bene perché si riducono le risorse per investimenti nel Mezzogiorno: perché non costa nulla politicamente; nessuno, ormai, protesta più: a cominciare dai suoi rappresentanti politici, anche dei partiti ora di maggioranza. [7]

Per continuare a leggere l'articolo del Prof. Gianfranco Viesti pubblicato su ItalianiEuropei.it, fai clic su questo link

note
[1] Per un’approfondita analisi delle tendenze economiche si vedano Banca d’Italia, L’economia delle regioni italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali, Roma, dicembre 2014, disponibile suwww.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/ecore/2014/analisi_m/4314_economia/1443-economia-regioni-italiane.pdfSvimez, Rapporto Svimez 2014 sull’economiadel Mezzogiorno, il Mulino, Bologna 2014.
[2] Su questo punto si permetta di fare riferimento a G. Viesti, Abolire il Mezzogiorno, Laterza, Roma-Bari 2003; G. Viesti, Mezzogiorno a tradimento. Il Nord, il Sud e la politica che non c’è, Laterza, Roma-Bari 2009; G. Viesti, Il Sud vive sulle spalle dell’Italia che produce. Falso!, Laterza, Roma-Bari 2013.
[3] Si veda G. Viesti, Why Europe is in a Trap, in “Stato e Mercato”, 1/2015.
[4] Il Piano di azione coesione è stato definito dal governo Monti, spostando cospicue risorse (circa 9 miliardi di euro) precedentemente destinate al cofinanziamento dei fondi strutturali per il 2007-13 nel Mezzogiorno. Le risorse del Piano erano destinate sia a interventi di più lunga realizzazione, incompatibili con le tempistiche della spesa comunitaria (come le ferrovie), sia ad azioni di particolare qualità, come gli interventi nelle scuole.
[5] Quelle vicende sono dettagliatamente documentate in F. Prota, G. Viesti, Senza Cassa. Le politiche di sviluppo del Mezzogiorno dopo l’Intervento straordinario, il Mulino, Bologna 2012.
[6] Le uniche eccezioni di rilievo sono venute dal vicepresidente di Confindustria Alessandro Laterza e dal presidente della Commissione bilancio della Camera Francesco Boccia.
[7] Un’analisi delle congiunture sociopolitiche del Sud è in G. Viesti, La crisi, il Mezzogiornoe i difetti di interpretazione, in “Meridiana”, 79/2014.

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