domenica 21 aprile 2013

Camorristi arrendetevi, una risata vi seppellirà





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Camorristi, una risata vi seppellirà. E’ una nuova tendenza, uno sfottò continuo, una irriverenza che mette coraggio e si diffonde come un virus benevolo in tutti i quartieri partenopei anche quelli dove i clan dominano da sempre. “Ricordatevi che noi siamo uomini di Gomorra… i Gomorroidi”. “Scusami tu perché non stai battendo le mani. Hai qualche problema? Hai le mani di piombo. Hai qualche problema alle mani?” E poi improvvisamente irrompe una voce del compare che esorta: “Lelluccio, lelluccio sparalo, sparalo, sparalo, sparalo”. E’ una vera crisi isterica logorroica che si ferma solo quando il boss contrariato gli grida “E dammi il tempo” e lui di risposta : “One, two, three… sparalo, sparalo, sparalo”. E’ il pretesto. Scoppia una lite furibonda tra affiliati e il minacciato si salva. La parodia è forte.

Dai teleschermi della trasmissione cult “Made in Sud” in onda su Raidue ha preso vigore e potenza. In strada non è difficile sentire giovani che si esprimono con lo stesso linguaggio inventato dal gruppo cabarettistico dei “Ditelo voi” che nei dialoghi surreali, bene rappresentano le paranoie, i luoghi comuni, le codardie, le pochezze dei camorristi. Come sempre accade a Napoli, improvviso si è alzato questo vento, ora dei clan si comincia a ridere. Le rappresentazioni ironiche sono spiazzanti, le caricature si fanno irriverenti e descrivono con efficacia lo spaccato reale delle dinamiche interne dei clan che non molto si discostano dalla pochezza rappresentata nei dialoghi dei comici. E’ una reazione che mi piace. Del resto a Napoli, lo insegnava il romanzo l’“Oro di Napoli” scritto da Giuseppe Marotta e trasformato in film da Vittorio De Sica in cui Eduardo De Filippo nelle vesti del saggio don Ersilio, sosteneva che “con un pernacchio si può fare la rivoluzione”. “Si, perché il vero pernacchio è un’arte può essere di due specie di testa e di petto, vanno fusi cioè cervello e passione. Il pernacchio che facciamo deve significare che tu sei la schifezza, della schifezza, della schifezza, della schifezza degli uomini”.
Leggi tutto l'articolo di Arnaldo Capezzuto

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